Eccoci al secondo appuntamento col recupero di vecchi articoli. Stavolta posto la conclusione dell’articolo di teoria cominciato la settimana scorsa. Anche qui, prima di passare alla lettura, un paio di note introduttive per contestualizzare quanto verrà detto.
Questo articolo (a differenza del precedente) è molto più focalizzato sul Gioco di Ruolo in senso stretto, e analizza metodologie e sistemi di gioco per verificarne la consistenza e l’utilità. Non si tratta, dal punto di vista presentato in questo blog, di qualcosa di molto interessante o rilevante, soprattutto per chi non conosce il gioco di ruolo. Cionostante, merita spazio su questo blog in quanto, in particolare nella parte conclusiva (da Socialità e relazione in poi) si evidenziano alcuni “spazi grigi” presenti nella definizione di gioco di ruolo, e quindi di gioco in senso lato, che possono rappresentare fulcri motivazionali o di spinta per obiettivi di gamificazione.
Ad esempio, il demandare all’interazione tra i giocatori la risoluzione di determinate dinamiche sociali, che vengono generate ma non risolte dal gioco (costringendo quindi i giocatori a mettere in campo capacità di ascolto, mediazione e via dicendo), è un esempio pratico ed immediato di come è possibile che un gioco gamificato “faccia qualcosa” che esuli dal gioco stesso. L’obiettivo è fornire un metodo per costruire un gioco partendo proprio da un “fare qualcosa” che sia definito dal cliente, ovvero dal business, e non dall’autore del gioco.
Questo è il radicale cambio di prospettiva da portare (o importare) nel mondo ludico.
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